\"In borghese\" per servire Gesù a Kabul
In Afghanistan tre suore della Comunità intercongregazionale "Associazione pro-bambini di Kabul" assistono bambini con handicap mentali. Con l'aiuto e il rispetto dei locali.
Kabul (AsiaNews) - Da un anno e mezzo tre suore cattoliche dedicano la loro vita ai bambini con problemi mentali a Kabul. Le tre religiose, da Pakistan e Polonia, sono il cuore pulsante della Comunità intercongregazionale "Associazione pro-bambini di Kabul", nata in risposta all'appello lanciato da Giovanni Paolo II alla fne del 2001 per salvare i bambini afghani.
"Da religiose cattoliche in Afghanistan racconta ad AsiaNews una di loro, suor Ela - lavoriamo vestite come le donne locali, con il capo coperto, senza l'abito del nostro ordine, ma dentro di noi portiamo sempre Gesù". È una testimonianza silenziosa: "Tutto quello che facciamo, la nostra vita è per Cristo. Ma qui il nostro lavoro è solo umanitario e deve essere così".
Suor Ela, polacca dell'Ordine delle Francescane di Maria, insieme a suor Janila e Erasia delle Missionarie domenicane di Santa Caterina, aspettano sulla porta tutte le mattine i loro bambini.
"Siamo come una scuola - continua la religiosa i genitori portano i figli da noi verso le 7 e iniziamo le nostre attività". Sono sette in tutto questi particolari studenti: bambini e bambine tra i 6 e i 10 anni, la maggior parte celebrolesi. "Ognuno soffre di un problema differente spiega così dopo qualche gioco cominciamo con l'assistenza vera e propria: chi è più avanti impara a scrivere, non in senso scolastico, ma almeno qualche lettera, ad altri insegniamo a lavarsi ad andare al bagno e mangiare da soli, alcuni necessitano invece di sedute di fisioterapia per apprendere movimenti basilari".
Alle due del pomeriggio arrivano i genitori e i piccoli tornano a casa. "Il nostro lavoro è anche stare vicino alle famiglie dei bambini malati - aggiunge suor Ela - che non sanno come comportarsi con i problemi dei figli". La famiglia è un'istituzione forte in Afghanistan e "nonostante la povertà i bambini non vengono mai abbandonati, è difficile vederli per strada e se lo fanno è solo per chiedere elemosina e aiutare le loro sorelle e fratelli".
Con le tre religiose lavorano anche alcuni locali: un cuoco, la donna delle pulizie e il guardiano. "La convivenza con gli afghani è pacifica, i nostri vicini sanno della nostra religione, ci rispettano e ci aiutano; come negli ultimi disordini a Kabul lo scorso mese ci hanno ospitate per alcuni giorni". "Inoltre - aggiunge - sono numerosi anche quelli che esprimono gratitudine per il nostro lavoro: il centro che gestiamo è l'unico in città dedicato ai bambini con handicap mentali, un problema che ha dimensioni enormi, ma per cui servirebbero maggiori finanziamenti".
Il sogno dell'"Associazione pro-bambini di Kabul" è quello di poter aiutare sempre più bisognosi, "magari con operatori che vadano loro stessi a prendere i piccoli a casa senza far uscire i genitori". "Ma per ora dice suor Ela rimaniamo con i piedi per terra: viviamo di donazioni e non possiamo fare progetti troppo pretenziosi".